Un post fuori luogo – Three

Puntate precedenti:

Un post fuori luogo – One

Un post fuori luogo – Two

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Good Morning,

vi siete appena svegliati nella vostra camera d’albergo a Brum. Un’occhiata fuori dalla finestra vi informa che la giornata potrebbe anche non essere piovosa; meglio approfittarne prima che il tempo cambi idea.

Doccia veloce e via, per una colazione da campioni!

Tea or coffee?

Non conosco i vostri gusti, ma vi propongo lo stesso un esperimento. Prendete la vostra moka e preparatevi un buon caffè. Quando quell’aromatico e cremoso liquido è salito, versatelo nelle tazzine, e quindi svuotatele nel lavabo della cucina (sento in lontananza dei noooooooooo). Riempite di nuovo d’acqua la moka e, senza sostituire il contenuto del filtro, fate nuovamente il caffè (caffè?). Il liquido ottenuto, ormai poco aromatico e assolutamente brodoso, va versato in un bicchierone e allungato con acqua bollente. Aggiungeteci almeno tre cucchiaini di zucchero e avrete ottenuto quello scherzo della natura che per gli inglesi è coffee.

A Birmingham va per la maggiore il caffè Ritazza (richiamo italico ma procedura british) che abbiamo ribattezzato Slavazza (un nome una garanzia). Per farla breve, il coffee non va versato nella tazzina, bensì nella tazza (quella con lo sciacquone).


Quindi, se proprio bisogna bere dell’acqua calda, tanto vale optare per il tea, che almeno è una faccia nota.

Adesso fatevi forza.

Anche se a casa siete abituati a cappuccino e brioche (e stop), dovete trovare il coraggio di buttar giù qualcosa di solido, visto che vi aspetta una lunga traversata nel deserto (gastronomico).
Lo so che le uova all’occhio neanche a casa… certo che per riuscire a mangiare fette di prosciutto caldo prima di mezzogiorno ci vuole dello stomaco… e quelle cialde di origine belga trasudano burro da tutti i pori… la pancetta alla piastra poi, un “must” per il dislipidemico… il formaggio già vi stracca la panza a casa, qua, di primo mattino, è come buttar giù del solfato di bario… se proprio non ce la fate, prendete almeno delle crocchette di patate, uno yogurt con i fiocchi (intesi come cereali e non come eccezionale qualità), e frutta, tanta frutta.
Quando, verso l’ora di pranzo, con le gambe doloranti e lo stomaco che protesta, non riuscirete a trovare niente di meglio di uno spuntino freddo in piedi, potreste rimpiangere di aver rinunciato a quel corroborante breakfast (che, per inciso assolutamente venale, avete già pagato).

Su, buttate giù qualcosa, non fatevi pregare come i bambini!

Ecco, ora siamo pronti: scarpette comode, felpa leggera, k-way d’ordinanza, fotocamera, mappe, bussola, (beh, non esageriamo), possiamo andare; sì, ma come, e soprattutto, dove?

Piano, piano, una cosa alla volta! Punto primo: come.

Avendo tempo e buone gambe, anche a piedi non è male, un bel giro turistico modello pellegrinaggio, ma non avverto molto entusiasmo da parte vostra, anche perché il raggio d’azione sarebbe alquanto ristretto.

L’assenza di pendii elevati renderebbe interessante e conveniente l’uso della bicicletta, se non fosse per una certa incostanza del tempo, in grado di alternare nell’arco della giornata tutte le tipologie di fenomeni meteorologici ad eccezione del tornado; non è che girare in bici coll’ombrello sia molto comodo.

Mi sentirei di sconsigliarvi assolutamente l’uso dell’automobile. Come ben sapete, gli inglesi hanno la guida a sinistra, e ciò potrebbe avere degli spiacevoli effetti sulla vostra vacanza.

Non parlo del fatto che, appena entrati in macchina, vi mettete a protestare perché qualcuno vi ha rubato il volante, e nemmeno di quando, con grande attenzione, cercate di partire ingranando la prima mentre in realtà avete afferrato la maniglia della portiera.
Tralascio pure lo spavento che provocate tra i pedoni quando salite sul marciapiede affrontando le svolte a sinistra e anche i dubbi amletici che vi assalgono ogniqualvolta affrontate un incrocio. No, la questione è più seria.
Voglio dirvelo chiaro e tondo, evitate di guidare in Inghilterra a meno che non amiate le sensazioni forti e che abbiate le coronarie a posto.
Già le strade sono quelle che sono, spesso strette e tortuose, piste asfaltate patria di autovetture anni ’60, vecchie Norton con sidecar, autotreni, comitive di ciclisti, trattori, autobus a due piani, pecore, ecc., se poi ci mettete pure il brivido avete fatto Bingo.
Ogni volta che, in una curva, incrociate un altro automezzo vi spunta un capello bianco e il cuore manca un colpo, effetti tipici causati dalla sensazione di andare contromano (io, lui, noi?); mentre il piede va istintivamente sul pedale del freno (scatenando le ire e il clacson di chi vi segue), il sangue vi si raggela sentendo, alla vostra sinistra, l’urlo del passeggero, il quale è certissimo che perderà la vita in un catastrofico scontro frontale. Irrigiditi sul sedile, cogli occhi sbarrati aspettate ogni volta lo schianto inevitabile; sono istanti di brivido puro, magari anche piacevoli su un DVD di Brian De Palma, ma che ripetuti per miglia e miglia possono spezzare anche la fibra più tenace. Insistendo con questa perniciosa pratica ne ricavereste solamente delle spiacevoli conseguenze (psicologiche e fisiche), e magari riuscireste pure rovinare un bel rapporto (e non sto parlando degli ingranaggi del cambio dell’autovettura).

Scartando il bus, il volo a vela, l’hovercraft, il calesse, l’elicottero, la barca a remi e la mongolfiera, non rimane che il treno, e qui la faccenda si complica (ti pareva…).

Chi usa il treno in Italia sa bene a quali difficoltà va incontro.
Il viaggiatore entra in stazione, trova la biglietteria chiusa oppure non la trova per niente. Se è fortunato vede quattro biglietterie automatiche, di cui tre guaste, e aspetta in fila il suo turno. Tenta di selezionare la destinazione attraverso un touch-screen lento e arzigogolato. Al terzo tentativo riesce a farsi capire, ma la macchina non accetta carte e bancomat, e allora gli tocca partecipare a un simpatico gioco chiamato “infilalabanconotachepoitelarisputoindietro” il cui scopo è cercare di convincere il sospettoso marchingegno che il viaggiatore non è un volgare falsario. Finalmente ottiene l’agognato fazzoletto di cartone (perché poi devono essere cosi grandi? Che spreco!), e attende che i sofisticati meccanismi di quel congegno si degnino di far cadere nel contenitore anche il resto, con calma, una moneta alla volta, quasi si aspettasse che gli si lasciasse la mancia. Il viaggiatore ripone in tasca il resto, tre euro e venti, tutto in monetine da dieci centesimi (maledetta macchina!), va in cerca di un’obliteratrice, fuori servizio, fuori servizio, fuori servizio, funziona, ma è regolata sul fuso orario di Panama, fuori servizio, fuori servizio, funziona, l’ora è quella giusta, circa, vrrrrrrt, ritira il biglietto, non si vede quasi niente, come se l’obliteratrice usasse inchiostro simpatico, speriamo bene…,  e arriva il treno (in ritardo, meno male…altrimenti, dopo tutto il tempo che ha perso in questo calvario, col cavolo che ce la faceva a prenderlo). Si sale sul treno, partenza. Buon viaggio!

Nel Regno Unito (per la mia esperienza) niente di tutto ciò accade, ma è proprio l’ultimo passaggio, quello che da noi è apparentemente il più semplice, che invece lì si rivela come il più insidioso: potreste sbagliare treno.

Badate, non ho detto che siete incapaci di interpretare un orario ferroviario, né che non sapete leggere i tabelloni presenti nella stazione e sulle piattaforme, e neppure che siete particolarmente sbadati o svagati, ma solamente che potreste incorrere in un errore che commettono talvolta anche i sudditi di Sua Maestà Britannica.

Ok, l’ora è quella giusta, il binario è quello giusto, la destinazione è quella giusta, il treno è quello sbagliato. Perché?

Nel Regno Unito, gli stessi binari sono percorsi da una ventina di compagnie ferroviarie private. Se da Birmingham voleste andare a Londra, potreste utilizzare la London Midland, oppure la Virgin, la CrossCountry, la Chiltern Railways.
Nel caso la vostra destinazione fosse il Parco Nazionale di Snowdonia, per arrivare a Llandudno vi potrebbe capitare di dover cambiare treno due volte e utilizzare tre compagnie diverse, la First Great Western, la c2c e la Arriva.
E’ pacifico che se avete acquistato un biglietto della Northern non potete viaggiare su un treno della Virgin o della Scot Rail.

In questo guazzabuglio di marchi le compagnie hanno fatto del loro meglio verniciando i loro convogli con delle livree caratteristiche, ma un treno è sempre un treno, non ci sono ampi margini di differenziazione e, galeotta fu la fretta oppure la scarsa informazione, mi è capitato di assistere a imbarazzanti quanto penose discussioni tra il solerte controllore e il turista incauto, il quale, oltre ad avere in mano un biglietto ormai inutilizzabile, si è trovato a dover pagare nuovamente la tratta, a prezzo pieno.

Ecco, già che ci siamo, parliamo un po’ del prezzo, un altro labirinto.

Trattandosi di compagnie private è logico aspettarsi che si facciano un attimo di concorrenza; quello che non potete prevedere è che la differenza di prezzo tra il biglietto più caro e quello più economico (classe standard ovviamente) possa essere del novanta per cento, anche per la stessa compagnia. Un piccolo esempio: per andare da Birmingham a Londra potete spendere sette sterline e mezza oppure settantacinque sterline, a voi la scelta.

A questo punto, se fossi il vostro monitor, vi vedrei perplessi e increduli, e anch’io, credetemi, stento a orientarmi in questa giungla di tariffe, anzi, ci ho rinunciato (senza rimpianti, e poi saprete perché).
Le cause di queste oscillazioni di prezzo sono principalmente tre: concorrenza, orario e Internet.

La prima voce è la più ovvia in quanto (teoricamente, ma da noi non succede quasi mai) una pluralità di fornitori porta ad una differenziazione dei costi in base ai servizi offerti e alle previsioni di traffico.

Il fattore orario ci è già un po’ alieno, ma è altrettanto ragionevole.
La parola Peak vi dice niente? Urge allora una breve spiegazione.
In determinate fasce orarie il flusso di passeggeri è più intenso, generalmente di prima mattina e poco prima di sera; lavoratori e studenti pendolari si spostano in massa verso le loro destinazioni. Questa tipologia di utenti gode di particolari tariffe agevolate pensate per scoraggiare l’uso del mezzo privato (quasi come da noi…) ma saturano comunque la capacità della rete ferroviaria.
Per coloro che, per altri motivi o solo occasionalmente, intendessero viaggiare comunque in quelle determinate fasce orarie si applica la tariffa Peak, la più cara, mentre nel resto della giorno la tariffa è Off Peak, e cioè molto più economica.
Questo sistema non è stato immaginato per spennare il passeggero occasionale bensì per invitarlo a partire un po’ prima oppure un po’ dopo, con reciproca soddisfazione, quella del viaggiatore che evita la calca e risparmia dei bei soldi, e quella della compagnia che non rischia di dover far fa andare su e giù per le rotaie dei treni desolatamente vuoti durante gli altri periodi della giornata.

E siamo arrivati a Internet, il mostro o il salvatore, il diavolo o l’acqua santa, la rete che ci sostiene o che ci cattura, una “roba” con la quale, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti.
Immaginate che i treni siano aerei: il sistema è lo stesso. Si va in rete, si aprono le pagine web delle varie compagnie ferroviarie, si confrontano le offerte, si sceglie quella più economica, punto.
Se vi è capitato diprenotare un volo low cost, avrete notato che il prezzo aumenta man mano che ci si avvicina alla data prevista per la partenza e che, per determinati periodi o specifiche destinazioni, le compagnie offrono dei voli a prezzi stracciati. Per la ferrovia vale lo stesso discorso, si prenota in anticipo e si paga di meno, molto di meno.

A proposito di prenotazione, val la pena di informarvi circa una cattiva abitudine degli inglesi, una condotta che li qualifica molto anglo e poco sassoni.
A ogni prenotazione è ovviamente collegato un posto a sedere, numerato e univoco.
Mediante vari sistemi che vanno dal cartoncino sullo schienale al display elettronico posto sopra il sedile, viene segnalato che “quel” posto è stato prenotato dalla stazione X alla stazione Y.
Più volte mi è capitato di notare che questi posti rimanevano vuoti per tutta la durata del viaggio. La prima volta ho compatito quei poveracci che, pur avendo prenotato e pagato, a causa di qualche spiacevole accidente avevano dovuto rinunciare al viaggio. La seconda volta mi sono chiesto se per caso gli inglesi non fossero inguaribilmente sbadati, oppure cronicamente poco puntuali, patologie che li portavano con regolarità a perdere il treno. Siccome non sono particolarmente furbo, ho capito solamente al terzo tentativo che talvolta loro se ne fregano del posto prenotato; salgono e si siedono sulla prima poltrona comoda che trovano. Un controllore teutonico li farebbe alzare e li obbligherebbe, pena pesanti sanzioni, a occupare il “loro” posto, invece si vede che lì quella prassi individualista e menefreghista è ampiamente tollerata.
Il risultato è che il passeggero inglese, timoroso più che mai di trovarsi in imbarazzo per aver occupato un posto prenotato da altri, preferisce vagare su e giù per il treno come un’anima in pena cercando un sedile libero.

Va da sé che, sentendomi moralmente esentato da tale condotta, un attimo dopo che il convoglio si era messo in moto non mi facevo scrupolo di sedermi su un posto prenotato trovato libero: mai successo di dovermi alzare, e anche se fosse stato il caso mi sarei semplicemente spostato, tanto, che potevano fare, spararmi?

Chiusa questa parentesi, torniamo al dedalo tariffario delle ferrovie britanniche.

Di sicuro vi chiederete come diavolo allora io abbia fatto a spostarmi col treno su e giù per la Gran Bretagna. Forse avevo pianificato e prenotato tutto con mesi e mesi di anticipo? Stavo attaccato al computer ventiquattro su ventiquattro alla ricerca di sconti e offerte speciali? Ho semplicemente speso una fortuna? Niente di tutto ciò. Il filo di Arianna che mi ha permesso di non smarrirmi in quel labirinto ha un nome preciso: si chiama BritRail Pass.

Andando sul sito BritRail mi è stato possibile acquistare un abbonamento valido per tutte le compagnie ferroviarie delle isole britanniche. La scelta è ampia, sia per il periodo di validità che per la copertura territoriale, la quale può essere piccolissima come nel caso della Scozia Centrale, oppure può estendesi al massimo fino a comprendere anche l’Irlanda.

Come rinunciare alla comodità di arrivare in stazione, prendere il primo treno che arriva permettendosi di ignorare a che compagnia esso appartenga, un intercity, un pendolino, è lo stesso, o magari, a metà strada, cambiare idea e destinazione? Relax, questa è la mia parola d’ordine.

Ma anche la scarsella ne ha ricavato dei benefici (il mio patrimonio genetico, scarso e parsimonioso, mi avrebbe impedito il contrario). Fatti i conti, durante la mia ultima vacanza, ho sfruttato mediamente le ferrovie britanniche ogni giorno per 6 ore al modico prezzo di 25 sterline, perciò anche la convenienza è assicurata.

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E’ ovvio che questo sistema di visitare il paese è favorito dalla posizione centrale di Birmingham, una collocazione che permette di raggiungere in treno tutti gli angoli della Gran Bretagna, dalla Cornovaglia alla Scozia, dalle bianche scogliere di Dover ai verdi boschi gallesi; vedete che, a cercare bene, c’è del buono in ogni cosa.

Quello era il buono, mentre il bello è ciò che potete ammirare dal vostro finestrino durante il viaggio. Man mano che vi spostate il paesaggio muta continuamente, Andando verso nord passate dalle placide colline del Derbyshire alle modeste alture dei Pennini, oppure attraversate il fiabesco Lake District per arrivare alle aspre Uplands Meridionali. E così per gli altri punti cardinali, verso la grande storia a Sud, oppure il magico Galles a Ovest, e l’inghilterra che vive ancora di mare a Est. E poi il treno è pratico, è comodo, è veloce, è economico, è sociale, è capillare, è moderno. Sopra ogni principale stazione ferroviaria c’è sempre una nuvola, The Cloud, un servizio WiFi gratuito per la connessione a Internet, utilissima per consultare gli orari, telefonare con Skype, aggiornarsi sulle ultime notizie da casa, visualizzare le previsioni meteo, consultare una mappa, ecc.

Se poi non potete proprio fare a meno di restare incatenati, pardon, collegati alla rete, Virgin, National Express, Heathrow Express e Grand Central Trains, offrono la connessione WiFi anche sui loro treni (Tip: cercate sempre un posto vicino alla carrozza di prima classe, poi scoprirete il perché, ma non ditelo in giro…).

Toh, guarda, non c’è solamente il treno. Per meno di 34 sterline si può andare e tornare fino a Dublino con RyanAir. Il volo parte alle 8 e dura solamente un’ora. Lì ce ne sono di cose da vedere: il Temple Bar, il museo della birra (irrinunciabile), il castello, Kilmainham Gaol (la vecchia prigione), e altro ancora. Dopo una puntata serale in un chiassoso pub si prende il volo per Birmingham delle 20 e 30’ (o magari ci si innamora della città e si resta). Prendere nota per la prossima occasione…

Vi sento scalpitare. Lo so, siamo qua già da tre puntate; vi avevo promesso mari e monti (beh, monti… diciamo colline) e invece finora solo chiacchiere, non ci si è mossi di un pollice.

Non siate impazienti, vi avevo avvisato che non mi piace andare di fretta. Capisco, siete stufi di fare le belle statuine a Birmingham, bardati di tutto punto: scarpette walking, comodi pantaloni al ginocchio, camicetta di cotone con le maniche arrotolabili, leggero giubbino antivento, zainetto milletasche, cappellino parasole da ottimista, fotocamera al collo, mappa alla mano. In tutto quel viavai di persone indaffarate cominciate a provare un po’ di imbarazzo, e pure qualche agente di polizia vi sta osservando con sospetto; per soprammercato vi si sta riproponendo quella salsiccia della prima colazione… burp.

Niente paura, prometto che nella prossima puntata faremo la nostra prima uscita, una gitarella fuori porta, giusto per rompere il ghiaccio. Andremo a vedere uno dei più bei castelli della zona, ma non dico di più per non rovinarvi la sorpresa…

Segue…

2 risposte a "Un post fuori luogo – Three"

  1. …. non c’è che dire sei forte , poi chi va piano va lontano senza treni ne aerei senza biglietti e così in questo modo io viaggio gratis 😉 che di questi tempi non è poco ..
    ancora thanks …. 🙂

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