SARO’ BELLISSIMA… – Sesta parte

Prefazione

Dato che nella legislazione italiana non esiste il reato di tortura, mi sono sentito autorizzato a tormentarvi con l’ennesimo scempio letterario teso a rovinare la reputazione di Evaporata , una scrittrice di vaglia (anche postali). Stavolta, pestando furiosamente col mio rozzo martello (altrimenti noto come tastiera del computer), mi sono divertito a infrangere tutta la magia della quinta puntata del suo racconto, e me ne vanto pure.
A questo punto sarà chiaro come il sole che sono malato, da rinchiudere.

P.S. Se qualche passaggio risultasse criptico, non esistate, chiedete pure, farò il massimo per confondervi ancora di più.

Puntate precedenti

1 – SARO’ BELLISSIMA…

2 – SARO’ BELLISSIMA… – Seconda parte

3 – SARO’ BELLISSIMA IIIa parte

4 – SARO’ BELLISSIMA… – Quarta parte

5 – SARO’ BELLISSIMA…quinta parte (Grrrrrrrrrrrrrr)

Bosch-Hell

C’era sempre una possibilità che accadesse, ma era talmente remota che nessuno la prendeva seriamente in considerazione, anche perché si era sempre fatto il massimo affinché non si verificasse un guaio del genere.
L’uomo sedette alla sua postazione e inforcò le cuffie con attenzione esagerata, come se esse scottassero in qualche loro parte; accostò il microfono laterale alle labbra e quindi digitò una serie di cifre su una tastiera davanti a sé. Dopo aver confermato la sua identità e bofonchiato qualche codice di sicurezza, premette il tasto per l’ascolto in viva voce.
Per qualche attimo tutto restò sospeso: nessun rumore, neanche un fiato. Qualcuno potrebbe giurare di aver visto sospendere il loro moto anche le lancette degli orologi.
Dall’altoparlante sulla parete giunse finalmente un fruscio di risposta, e l’uomo sputò la frase che, malgrado gli altissimi livelli di sicurezza previsti, in cuor suo aveva sempre temuto di dover dire.
– Ok, Langely, qui abbiamo avuto un problema. –
– Qui Langely, ripetere prego. –
– Langely, abbiamo avuto un problema, anzi, più di uno. –
– Un momento prego. –
Clic. Fine del fruscio dall’altoparlante.
In quel cubicolo di cemento si stringeva una mezza dozzina di uomini, chi in divisa militare e chi in completo scuro. Tutti si scambiarono uno sguardo, non di soddisfazione o di compiacimento, questo è chiaro, ma perlomeno di sollievo: il primo passo, il più difficile, quello di annunciare una brutta notizia, era compiuto.
Fruscio.
– Qui Morell. Precisare la natura del problema… mi correggo, dei problemi. –
Gli uomini non si stupirono di sentire la voce del Direttore. La loro posizione, gerarchica, geografica e politica li metteva spesso nella situazione di venire in contatto con i più alti gradi dell’amministrazione.
– Buongiorno Direttore. Abbiamo già inviato un rapporto sul canale interno e dovrebbe riceverlo quanto prima. Abbiamo pensato che dovesse sentire una versione di prima mano. –
– Molto bene. L’ascolto. –
– La prigioniera italo-pachistana non è più a nostra disposizione. –
– E’ riuscita a fuggire? Ma come… come? –
– Grazie a un infiltrato Direttore, il Colonnello H. Cebù, della NSA. –
– Un minuto che carico la sua scheda. –
– Prego Direttore, attendo. –
– Mmm… Colonnello Hermoso Cebù, guatemalteco, Capitano della Guardia Nazionale di Somoza, riparato negli USA, addestratore nei contras in Honduras, varie menzioni d’onore, ammissione e rapida carriera nella Sicurezza Nazionale, distaccato momentaneamente a Guantanamo da… da… nessuno! Cristo, non esiste un ordine di trasferimento. Si tratta di una spia! –
– Ha servito sotto Somoza? Direttore, è impossibile! Oggi avrebbe circa sessant’anni anni, ma non ne dimostrava più di trenta. Non può essere lui! –
Per mezzo minuto la comunicazione si interruppe. Gli uomini nella stanzetta si immaginavano gli ordini perentori e le bestemmie che il Direttore stava in quel momento lanciando ai malcapitati in servizio. Qualcuno c’avrebbe rimesso la testa, è più che sicuro.
Fruscio.
La voce del Direttore era calma, quasi placida, e perciò ancora più terrificante.
– E come avrebbero fatto a fuggire? E soprattutto, dove sono andati? –
– Non è ancora chiaro, i testimoni stanno offrendo delle versioni discordanti. –
– Ma almeno un’idea ce l’avrete! –
– Sissignore. Sembra che la prigioniera avesse deciso di collaborare, e pertanto erano state approntate tutte le attrezzature per la registrazione audiovisiva. A un tratto la prigioniera ha cominciato a emettere dei versi strazianti, una specie di canto in una lingua incomprensibile, degli ululati da far accapponare la pelle. Non so se ha presente le voci stentoree dei muezzin emesse dagli altoparlanti posti in cima ai minareti… –
– Lo so, lo so. Questo conferma i nostri sospetti su di lei. E poi? –
– Poi Direttore… ehm… Il colonnello Cebù si è precipitato verso la gabbia. Senza sforzo apparente ha divelto la porta, e quindi si è messo a discutere con la prigioniera. Nessuno è riuscito a comprendere il senso delle loro parole. –
– Non fa niente, qui abbiamo schiere di glottologi che sapranno cavare dei risultati dalle registrazioni. –
Silenzio. Tutti conoscevano già la risposta, ma nessuno si sarebbe offerto per comunicarla al Direttore, e perciò toccò all’uomo al microfono.
– Ehm… Direttore… non c’è nessuna registrazione. –
– Cooooome? –
– Niente di niente. Dell’evento non è rimasta nessuna traccia audio o video, né analogica e né digitale. Supponiamo che sia stato preventivamente attivato un fortissimo campo magnetico in grado di interferire con il funzionamento degli apparecchi di registrazione. Forse i russi, o i cinesi… –
– Insomma non ci sono prove dell’evasione? –
– Solamente una gabbia di acciaio contorta, con alcune parti che appaiono fuse da un fortissimo calore, e ovviamente la memoria di chi ha assistito all’evento. –
– E che ricorda… –
– Sì Direttore, ma c’è chi ricorda di averli visti prendere il volo, con tanto di ali, c’è chi giura di aver visto che sprofondavano nel terreno come se questo fosse acqua, e c’è chi li ha visti andar via con la macchina del Colonnello… –
– A questo punto direi “ex” Colonnello. –
– Sì Direttore, mi scusi. Per farla breve non abbiamo ancora una versione univoca. –
– Non fa niente, manderò lì una squadra specializzata, e vedrete che saranno in grado di far saltar fuori la verità anche dalle pietre circostanti. –
Tutti i presenti in quel cubicolo stavano pensando la stessa cosa: per mesi sarebbero stati sottoposti a un interrogatorio asfissiante e, alla minima ombra di contraddizione, qualcuno avrebbe subito il pesante trattamento inquisitorio standard di quel luogo di detenzione e dolore; sarebbe stato passato al setaccio il passato, tutto il passato, quello personale e quello dei loro familiari, naturali e acquisiti; per ognuno di loro la vita non sarebbe stata più la stessa.
– Va… va bene Direttore. Il Colonn… l’ex Colonnello ha avuto sicuramente dei complici, ma forse non sono americani. –
– Cosa intende dire? –
– Si tratta di un altro problema. –
– Sentiamo. –
– Stanotte è stata rilevata la presenza di due intrusi nella base, cubani probabilmente. –
– Da cosa presumete che erano dei cubani? –
– Beh, non saprei dire esattamente: non li hanno mai sentiti parlare inglese, uno è di taglia abbastanza piccola, e guidano delle autovetture strane, molto vecchie, in un caso addirittura un modello sportivo degli anni ’30. Solamente i cubani sono costretti a usare automobili così vecchie. –
– Capisco. Li avete fermati? –
– Non è stato possibile Direttore. –
– Sono fuggiti anche loro? –
– No, semplicemente non si sono fermati all’alt, e anzi hanno continuato a circolare per tutta la notte, a velocità elevata, seminando il panico. –
– Il panico? E perché mai? –
– Giravano a fari spenti. –
– Cristo! Ci mancavano anche i kamikaze! –
– Non saprei Direttore, a quanto pare non hanno provocato incidenti, e adesso, anche con la luce del giorno, non riusciamo a trovarli, né loro e né le loro automobili. –
– Non riuscite a trovarli… –
– No Direttore, mi spiace. Considerando la stranezza di tutto ciò, forse sarebbe il caso di considerare se degli alieni… –
– Non dica fesserie! –
Nonostante la neutralità del trasduttore elettromagnetico, gli uomini della base percepirono tutto il disprezzo e fastidio che il Direttore stava provando nei loro riguardi. Stava piovendo merda a tutto spiano e loro ne sarebbero rimasti immersi fino al collo, e forse anche oltre. Questa fantasia assai poco allettante offrì l’occasione per entrare in argomento.
– Ci sarebbe un altro problema Direttore… –
– Ancora? –
– Sì Direttore, ma provo un certo imbarazzo a parlargliene. –
– E che sarà mai. Avete perso un prigioniero, vi siete lasciati sfuggire un traditore, tutte le registrazioni sono state cancellate, avete due intrusi con tanto di automobile all’interno della base, e nonostante uomini addestrati e mezzi modernissimi non riuscite a trovarli. Non vi siete fatti mancare niente. Forse l’isola sta affondando nel Golfo del Messico? –
– No Direttore, il fatto è che stamane uno stronzo mi ha rivolto la parola. –
– Senta, se ha dei problemi personali se li tenga per sé, non mi interessano. –
– Ma è veramente uno stronzo Direttore, cioè… intendevo lui, non lei… è ovvio, mi scusi. –
– E a me viene a dirlo? Se è uno stronzo faccia quello che le pare, gli risponda per le rime, lo cacci dalla base, gli spari se vuole. Ma guarda se mi tocca fare anche da balia a questi… –
– Ehm… non mi sono spiegato bene evidentemente. Stamane ero al cesso e stavo proprio per tirare lo sciacquone, quando uno stronzo nella tazza mi ha chiamato per nome. –
– Si sente bene? –
– Benissimo Direttore, e poi non è successo solamente a me. –
– Ah no? C’è una manica di stronzi alla base? –
– Sì Direttore, è proprio così… volevo dire no, cioè sono i soliti stronzi, però questi parlano. –
– Ah sì? E di che parlano, del meraviglioso mondo di colon irritabili, oppure delle loro grandi speranze per un futuro di merda? –
– Di… di… di lei, Direttore… –
– Di me? Mi sta prendendo per il culo? Guardi che lei è già messo male, cerchi di non peggiorare la sua situazione. –
– Mi spiace Direttore, ma purtroppo è così, tutti gli stronzi hanno chiesto ai loro… ehm… proprietari… di mettersi in contatto con lei. –
Il racconto che il pover’uomo dovette riferire al Direttore fu spesso interrotto da pause drammatiche, esclamazioni di sorpresa, giuramenti ed espressioni di rammarico.
Per quanto assurdo potesse sembrare, pare che al mattino molti dei responsabili del campo, al momento della loro evacuazione corporale mattutina, si fossero sentiti chiamare dal fondo del wc. Molti di loro tirarono immediatamente lo sciacquone e corsero a bersi qualcosa di forte, convintissimi di essere caduti preda di un’allucinazione. Uno addirittura esplose alcuni colpi di pistola nel water, con effetti devastanti per l’igiene del locale.
La maggior parte di loro, gente dura e pronta a contrastare anche la minaccia più insidiosa e terrificante, mantenne invece la calma, e affrontò la situazione con distacco professionale, registrando la loro improbabile conversazione.
In buona sostanza, gli stronzi stavano chiedendo la collaborazione della CIA per favorire la salita al potere di una persona molto potente, la quale non avrebbe mancato di ricambiare, generosamente, il favore. Per l’Agenzia si trattava della solita routine: studio del campo, spionaggio, utilizzo di infiltrati e provocatori, creazione del casus belli, intervento di pacificazione, insediamento di un uomo forte “amico”, passaggio alla cassa per la riscossione di quanto pattuito.
Per attivare questa procedura era necessario per i golpisti contattare gli alti gradi dell’Agenzia, il vertice appunto.
Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto il nome dell’aspirante dittatore: Mefistofele.
Di bell’aspetto, sempre elegante e raffinato nei modi, amante dell’efficienza, disponeva di una mente brillante in grado di architettare complesse trappole che non lasciavano scampo alle sue vittime, e perciò era ammirato e osannato da tutto l’empireo diabolico.
Eppure lui era solamente uno dei tanti “vice” di Lucifero, e Mefistofele ne soffriva, tanto più quando vedeva il suo “capo” buttare via il suo tempo in gozzoviglie e altri passatempi goduriosi.
Nell’Eden-Inferno non si era mai trovato bene: troppo bucolico, troppo dilettevole, troppo gradevole, troppo lezioso, troppo di tutto. In poche parole lo trovava stucchevole. Per questi motivi aveva chiesto di venire trasferito sulla Terra, come “promotore malefico”, e si applicava al suo compito con zelo, considerandolo al pari di una missione.
Qual’era, e qual’è tuttora, la sua mansione?
Prendete una mezza cartuccia che soffre di invidia congenita, instillategli la brama si potere, di sopraffazione, dategli dei mezzi, leciti o illeciti, per gonfiare il suo ego, spianategli la strada, e ne ricaverete un essere spregevole, abietto, un fetentissimo pezzo di merda, e Mefistofele era sempre abilissimo nell’individuare le sue vittime.
Dopo una vita spesa a provocare dolore, sfruttando come un’insaziabile sanguisuga le vite degli altri, prevaricando ogni diritto e imponendo la sua ingombrante presenza, quell’essere egoista finalmente schiatta, lasciando dietro di sé una lunga scia di maledizioni, lutti, frustrazioni, e tristezze, danni insanabili, ferite che mai si rimargineranno, i cocci di un’esistenza deleteria.
Ed è allora che Mefistofele arriva a presentare il conto: salatissimo.
La sua vittima, un emerito stronzo nella vita, anche dopo il trapasso è condannata a confermare la sua vocazione, ritrovandosi in un colon e finendo espulsa per le vie naturali, e poi ancora, e ancora, e ancora, un processo di degradazione indecorosa che non a caso è stata etichettata come “Purgatorio”.
Quando gode allora Mefistofele, sempre altero, elegante, ricercato, a schernire le sue vittime, calpestarle (moralmente, è ovvio), rinfacciare la passata alterigia e confrontarla con il loro esecrabile stato, e queste nulla possono se non subire l’onta, transitare per la via a loro destinata dalla natura, e affollarsi le une sulle altre per schifarsi a vicenda, fino alla successiva evacuazione.
Comunque Mefistofele non aveva mai abbandonato la sua posizione critica nei confronti di Lucifero, e adesso si presentava finalmente l’occasione propizia per scalzarlo dal trono.
La breccia spazio-temporale provocata da Lucifero per far fuggire Nina era rimasta aperta quel tanto che bastava a Mefistofele per dare precise istruzioni alle sue vittime, gli stronzi, purtroppo solo a quelli di quella base militare.
Se per Lucifero era semplice apparire, scomparire, mutare, in qualsiasi punto dell’universo, per Nina la faccenda era più complessa.
Intanto aveva dei legami (lei avrebbe detto legacci) con la sua forma umana, legami che non avrebbero resistito a una distorsione spaziale istantanea, e poi, rimanendo come Nina, sarebbe stata catturata e ingabbiata nuovamente, e stavolta sarebbe stata oggetto di attenzioni assai più insistenti e intrusive.
Perciò venne creato uno strappo, o meglio uno stralcio, nel continuum in modo da far riapparire Nina sulla Terra con un nuova identità, cancellando dal tracciato pregresso le informazioni originali e inserendone di nuove, sempre compatibili con la sua identità originale.
Approfittando di questa fessura, la mente diabolica di Mefistofele architettò istantaneamente un piano golpista, e per realizzarlo non esitò a servirsi di complici assai discutibili, i soli disponibili in suo potere: gli stronzi. Egli contava comunque di arrivare, per tramite loro, a stronzi assai più potenti, in carne e ossa, con molti galloni o seduti su alti scranni.
– Insomma, dovremmo mandare uno stronzo alla Casa Bianca? –
– Ehm… proprio così signore. –
– E poi? –
– E poi uno al Cremlino, uno in Piazza Tien’anmen, uno a Downing Street, uno in Vaticano, uno a Wall Street, uno a… –
– Ho capito, ho capito. Basta così. –
– L’elenco completo è nel rapporto che le è stato inviato. –
– E cosa contano di ricavare? –
– Essi sono latori di un messaggio di Mefistofele, una proposta di collaborazione della quale però non conosco tutti i dettagli Direttore. –
– Mi dica almeno quello che sa. –
– A quanto ho capito verrebbe proposto di instaurare un regime altamente concorrenziale tra la popolazione mondiale. Mefistofele conosce tutti i lati più oscuri dell’animo umano, e questi sono anche i più vulnerabili. Solleticando la popolazione con promesse di ricchezza e felicità immediate si otterrebbe un considerevole aumento dell’invidia, dell’avidità, dell’ambizione, dell’insoddisfazione, del rancore, e in ultima analisi delle tensioni e della violenza, ovviamente tra gli individui e tra le classi più povere. –
– Capisco. E allora? –
– Ciò avverrebbe a mutuo beneficio. I potenti, assistiti da Mefistofele, manterrebbero il loro indiscusso dominio su una popolazione perennemente affamata di felicità apparente, mente egli avrebbe a disposizione un’inesauribile marea di stronzi. –
– E che se ne fa, li mangia? –
– No Direttore, egli intende usarli per esautorare il suo rivale di sempre: Satana.
– Eh? Satana? Ma Satana non è il nemico di… Dio? –
– Sì, è vero, ma su quel fronte vige una specie di armistizio, oppure una sorta di guerra fredda durante la quale ognuno cura il suo orticello, e intanto tenta di portare via qualche pianta da quello del rivale. Nel caso di Mefistofele si tratta di affari di famiglia, e le fiamme di quelli, si sa, sono inestinguibili. –
– Prosegua… –
Mefistofele intendeva attaccare Lucifero su due fronti, quello materiale e quello psicoanalitico.
Al momento opportuno avrebbe riversato quella massa di merda sull’Eden-Inferno, la quale avrebbe rapidamente concimato il terreno con lo scopo di far crescere matasse inestricabili di rovi e boschetti di spinosa acacia; i prati si sarebbero riempiti di cardi e la gramigna avrebbe invaso ciò che resta; ogni albero avrebbe patito per l’assalto delle soffocanti spire dell’edera e da ogni ramo dei boschi sarebbero scese le liane per formare un lugubre sipario. In poco tempo l’Eden-Inferno sarebbe diventato poco ospitale, e Lucifero non ci avrebbe fatto una bella figura.
Allora Mefistofele avrebbe calato il carico da undici: la vera identità di Nina.
Per millenni lei era stata considerata la gemella di Satana, e qualcuno aveva anche immaginato che tra loro due ci fosse stato qualcosa, ma nessuno osava esprimersi apertamente. Dopo lunghe ricerche che si spingevano sino all’origine dei tempi, Mefistofele era giunto alla conclusione che erano stati tutti raggirati da Lucifero, e che il suo inganno li aveva privati della loro vera guida. Durante tutto questo tempo Lucifero si era pavoneggiato con l’altisonante titolo di “angelo ribelle”, mentre era solamente un imitatore di bassa lega, un pappagallo, uno che si atteggiava e che ci marciava alla grande.
Il “grande plagio” che intendeva svelare riguardava la vera identità della gemella di Lucifero, che poi nemmeno gemella era, in quanto di trattava di Lilith, colei che venne prima di tutte, e che per prima rifiutò le misogine regole di quella gabbia dorata chiamata Eden. Lilith si ribellò e disdegnò la concezione che Dio aveva dell’universo ancora prima che lo facesse Lucifero, e lo fece non per sete di potere, ma unicamente per spirito di libertà, nella convinzione che nulla e nessuno, nemmeno Dio, avrebbe plasmato la sua esistenza senza che lei opponesse un’accanita resistenza.
Lucifero era un ribelle “a parole”, quando invece preferiva far parte di un “sistema”, mentre Lilith era l’unica “sovversiva” in grado di ribaltare il tavolo, mettendo sul piatto della bilancia la sua totale indipendenza.
E tutto ciò Lucifero l’aveva sempre saputo, e considerava Lilith la “madre” di tutti i diavoli, manifestando la sua ammirazione e approvazione, ma in realtà celando un sentimento inconfessabile quanto la sua menzogna.
Davanti a tutto l’Eden-Inferno Mefistofele l’avrebbe accusato di essere un usurpatore, un debole, un mentitore, ma soprattutto un incestuoso in quanto affetto da un umanissimo complesso di Edipo, avendo egli giaciuto o desiderato di giacere con Nina, colei che egli sapeva benissimo essere Lilith, la madre dei ribelli.
Le gravissime accuse e l’onta conseguente l’avrebbero fatto scendere nella considerazione generale e, fatto più importante, sarebbe stato costretto ad abdicare, lasciando il trono al più meritevole: Mefistofele.
– E lei ci crede? –
– Non saprei Direttore, qua son successe tante di quelle cose che non so più a cosa credere… –
– Non fa niente. Gli uomini della base che dicono? –
– A loro abbiamo fatto credere di essere stati proditoriamente colpiti da un attacco chimico, una nuova sostanza che provoca allucinazioni visive e uditive. –
– Molto bene, bella pensata. –
– Ora la base è in stato di allarme generale; tutte le licenze sono sospese; non entra e non esce nessuno. –
– Tranne quei due cubani in automobile, è ovvio. –
– Ehm.. sì Direttore, ma li beccheremo quanto prima. –
– Ne sono sicuro, ne sono più che sicuro… –
– Ordini? –
– Certamente. Preparatevi a partire, con tutto il materiale, gabbia e tutto il resto, e anche gli stronzi, ovviamente. –
– Ovviamente. –
– Vi aspetto domani mattina presto qui, a Langely per fare il punto della situazione. Un aereo passerà a prendervi alle sette e zero zero. Non occorre che vi raccomandi la massima segretezza su quanto ci siamo detti. –
– Direttore, ci rendiamo conto che non abbiamo brillato per efficienza, ma lo sa che sulla nostra riservatezza può fare il massimo affidamento. –
– Bene, a domani allora. Chiudo.
Silenzio, nessun fruscio, il Direttore ha chiuso la comunicazione.
Gli uomini nello stanzino smisero di fissare l’altoparlante sulla parete e si guardarono in volto, finalmente, emettendo un sospiro di sollievo.
– Be’, è andata meno peggio del previsto. –
– Interrogatori a parte. –
– Interrogatori a parte, è ovvio. Ma nessuno di noi ha qualcosa da temere, vero? –
– Vero. –
– Andiamo a preparare le nostre cose. Domani sarà una lunga giornata, la prima di una serie di lunghe giornate. –
Gli uomini aprirono la pesante porta metallica del bunker e uscirono alla luce accecante del sole caraibico.

Nello studio di Langely, il Direttore chiuse il contatto radio, si levò la cuffia con microfono e premette un pulsante sul suo comunicatore multifunzione. Quando udì il segnale di libero sollevò la cornetta e disattivò il vivavoce. All’altro capo della linea qualcuno sollevò la sua cornetta ma non proferì parola.
– Sai chi sono. C’è da fare un lavoro. –
Un grugnito di assenso.
– Domani mattina, verso le sette, un aereo preleverà della merce da Guantanamo. –
Altro grugnito.
– Sarà il caso di alimentare ancora un po’ una leggenda, quella del Triangolo delle Bermuda. L’aereo si inabisserà in quelle acque. Niente e nessuno deve riemergere. Tutto chiaro? –
Due grugniti. Era un sì.
Il direttore chiuse la comunicazione, si rilassò sullo schienale della poltrona, e quindi si volse verso il suo interlocutore che era stravaccato su un comodo divano in pelle.
– Tutto fatto, come desiderava. –
– Ottimo, ora so cosa Mefistofele stava progettando contro di me. –
– E lei, che farà ora? –
– Visto che a lui andavano a genio gli stronzi, ho in mente per lui un castigo diabolico: lo farò scendere in politica, quella italiana per intenderci. Farò in modo che prenda consistenza nel corpo umano di un eminente uomo politico, uno di un partito che per sopravvivere deve scendere a patti col col Vaticano. Già me lo vedo, costretto a prostrarsi davanti al Papa per baciargli la pantofola di Prada, o quello che è. Ah ah ah, che figura di merda! –
– Mi scusi l’impudenza, ma non comprendo perché lei non sia intervenuto di persona, anche se quest’ultima definizione non mi sembra appropriata al suo status. –
– Anche noi dobbiamo sottostare a certe regole, scritte e non scritte. –
– Suona strano, lei è sempre stato considerato molto potente. –
– Frutto dell’ignoranza. I miracoli non ci appartengono, né per costume e né per indole. Un diavolo che agisse sempre in modalità “soprannaturale” verrebbe presto squalificato. Noi invece facciamo leva sulle debolezze umane, sull’intrigo, sul malinteso. –
– Ma allora quei riti… –
– Sono tutti dei fanatici, integralisti, velleitari, montati. Ripensi un attimo alla sorte di fattucchiere e stregoni, maghi e occultisti: noi non abbiamo mai mosso un dito per salvarli dalla rovina, e sa perché? Perché ci rendono ridicoli, scimmiottano ciò che non capiscono, che non possono capire, che non avrebbero mai capito, almeno finché non capitano tra le nostre grinfie. –
– E lei allora, cosa desidera da noi? –
– Niente, niente di più di quello che state già facendo. –
– E cosa stiamo facendo? –
– Del vostro meglio per rendere questo posto un Inferno. Con tutte le vostre chiese, le vostre guerre, i vostri tabù, le vostre diseguaglianze, la fame, le malattie, la violenza, si sta finalmente realizzando un componente fondamentale del progetto divino. Un vero peccato che ciò non stia avvenendo nella collocazione prevista dal progetto… Mi dispiace per voi, ma sa come si dice: mors tua vita mea. –
– Abbiamo finito? –
– Abbiamo finito. Ah sì, ancora una cosa. Quella Nina, non speri che le riveli il suo nuovo nome, lasciatela in pace, non cercatela. Tra reincarnazioni, rivelazioni e balzi spazio-temporali è tutta sottosopra, e ci vorrà parecchio tempo prima che accetti la sua identità. –
– Perché non gliel’ha mai rivelata prima? –
– Temevo che non fosse in grado di reggere il peso della sua “unicità”, anche se dovevo capirlo dai suoi comportamenti “umani” che l’essenza “Lilith” premeva per uscire allo scoperto. –
– Mi sorprende sentirla dispiaciuto. Uno come lei dovrebbe essere spietato… –
– Caro Direttore Morell, noi ci rivederemo molto presto, e vedrà quanto spietato so essere all’occasione. –
– E allora… arrivederci? –
– Assatana. –
Lucifero si alzò pigramente dal divano, aprì la porta e uscì da quel lussuoso ufficio. Un jet privato lo stava aspettando per portarlo in Italia. Lì avrebbe speso un po’ del suo illimitato tempo per dare un’occhiata di riguardo a una certa persona, per controllare, in incognito è chiaro, che non si metta nuovamente nei pasticci, e che abbia la pazienza necessaria per sopportare l’umanità che la circonda. Tanto, prima o poi, tutti quei rompicoglioni avrebbero fatto i conti con lui.
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12 risposte a "SARO’ BELLISSIMA… – Sesta parte"

    • Piccola spiegazione.

      Le frasi
      – Ok, Langely, qui abbiamo avuto un problema. –
      – Qui Langely, ripetere prego. –
      – Langely, abbiamo avuto un problema, –
      sono pari pari a quelle pronunciate durante il drammatico colloquio tra l’Apollo 13 e la base.
      – Ok, Houston, qui abbiamo avuto un problema. –
      – Qui Houston, ripetere prego. –
      – Houston, abbiamo avuto un problema. – 🙄

      Langely è la sede della CIA, e Morell ne era il Direttore protempore prima dell’arrivo di Brennan. 🙂

      Il Colonnello Hermoso Cebù, è del Guatemala, dove si parla spagnolo. Traduzione dallo spagnolo: Hermoso = Bello, Cebù = Zebù. Perciò Hermoso Cebù = Bel Zebù. 😉

      I due cubani che girano in automobile non sono cubani, sono italiani, sono i due Lucio evocati da Nina nella puntata precedente, Lucio Battisti e Lucio Dalla.
      Lucio Battisti guida come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire.
      Lucio Dalla invece ama impersonare Nuvolari, per il quale ha scritto una bella canzone, e che negli anni ’30 corse la Mille Miglia di notte a fari spenti, seguendo le luci posteriori di Varzi, per sorprenderlo e superarlo all’alba. 😉

      Guantanamo, all’estremità meridionale dell’isola di Cuba, è una base navale USA, dove gli americani tengono reclusi i terroristi islamici o presunti tali. 😦

      Lilith è una figura già presente nelle mitoligie sumera, babilonese, ed ebraica. Lilith è stata oggetto del culto della femminilità nelle culture mesopotamiche, e presso gli ebrei ella fu la prima moglie di Adamo, ma lei rifiutò il ruolo di sudditanza nei confronti di Adamo e se ne andò dall’Eden. 🙂

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