Parliamoci chiaro – Ottava puntata

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castleFonte: fantasyartdesign.com
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I fari del pickup illuminavano il largo cancello metallico di una palazzina anni ’50, non bella ma piuttosto grande. Era un posto relativamente isolato al termine di una stretta strada privata lunga circa mezzo chilometro.
– Tu vivi da sola qui? –
– Sì, era la casa dei miei genitori, e poi… figlia unica, è restata a me. –
– Certo che è enorme per una persona sola, e comunque deve valere parecchio. –
– Ci sarebbero anche due ettari di terreno con la casa, ma dire che la sua quotazione è bassa sarebbe un eufemismo. –
– Perché? –
– Lo scoprirai appena scendi dalla macchina. –
Adriano aprì la portiera, saltò giù e fece qualche passo sulla ghiaia intanto che lei armeggiava con la serratura del cancello. Sulle prime non s’accorse di niente, poi cominciò ad avvertire un odore dolciastro, indefinibile; non era una vera puzza, ma l’aria aveva un non so che di malsano, di putrido, come i miasmi di una palude, sottili e gravi allo stesso tempo.
– Ah, ti sei accorto; ora hai capito per quale motivo, se volessi vendere questa casa, dovrei regalarla, e forse neanche così basterebbe. –
– Ma cos’è, da dove viene… –
Barbara gli indicò un punto all’orizzonte dietro alla casa; si notava appena una massa scura, e una ciminiera segnalata dalle luci rosse di sicurezza. Gli raccontò che lì finivano tutti gli scarti di macelleria della zona, venivano tritati, schiacciati, bolliti, filtrati, raffinati, per diventare saponi e cosmetici.
– Siamo a più di due chilometri di distanza, ma se il vento soffia dalla parte giusta è quasi come esserci dentro. Io non ci faccio più caso, non sono troppo schizzinosa, anche perché l’odore nelle stalle non è molto differente. Ad ogni buon conto, in casa ho l’aria condizionata e purificata, non vorrei mai che un mio ospite si sentisse male. –
Mentre entravano gli confidò che, tutto sommato, quello stabilimento qualche volta le faceva comodo. Loro macinavano di tutto, anche la carcassa di qualche scottona morta di vecchiaia che lei portava lì invece che all’inceneritore.
– Lo so, sarebbe illegale, ma almeno così non va sprecato niente. A loro va bene così perché gli porto materia di prima qualità, e io ci rimedio qualcosa. Non si fa del male a nessuno e tutti son contenti. –
Erano ancora nel vestibolo che Adriano prese per i fianchi Barbara e cercò di baciarla. Lei si divincolò con un movimento sinuoso quasi più sensuale dell’abbandono sperato; non era un rifiuto ma una promessa.
– Non correre; più tardi avrai tutto il tempo per soddisfarmi. Se non ricordo male, ti ho promesso una cena, e io sono di parola. –
Mentre lo blandiva le sue mani scorrevano, sul corpo di lui, sulle braccia, sul torace, sulle spalle, lo esploravano, premevano impazienti di arrivare alla carne sotto la stoffa.
Adriano faticava per non mugolare di piacere. Lo sguardo di lei lo faceva impazzire di brama e di compiacimento. Rare volte gli era capitato di sentirsi così desiderato: lei lo stava mangiando cogli occhi. Barbara lo guidò fino alla sala da pranzo.
– Andiamo, mettiti comodo intanto che preparo qualcosa. –
Mentre lui studiava qualche sistemazione strategica per il dopo, lei mise su un po’ di musica e quindi sparì per cambiarsi d’abito: tubino nero e tacchi alti non sono il massimo della praticità in cucina.
L’arredamento era semplice, funzionale, non banale ma nemmeno pretenzioso. Le linee pulite di stile nordico, la luminosità del frassino, gli spazi liberi da ninnoli e cianfrusaglie, lo disorientavano un poco; lui che era abituato alle alcove simili a bomboniere, a un mondo femminile barocco e incoerente, prese a fantasticare su come sarebbe stata la camera da letto, forse con un letto circolare, magari, vista la tipa, con uno specchio sul soffitto , chissà…
Si offrì di aiutarla in cucina, tanto per non stare con le mani in mano. Ne ottenne solamente un garbato rifiuto.
– Non pensarci nemmeno! Primo, sei mio ospite, e secondo, una cuoca non rivela mai i suoi segreti. –
Per farlo stare buono gli portò un bicchiere di Prosecco. Il vetro del flûte era velato da minuscole goccioline di condensa, segno indiscutibile che l’aperitivo era fresco al punto giusto. Lo accolse con gratitudine.
– Tu non bevi? –
– Non posso, non reggo l’alcol. Sono astemia. –
– Mi spiace, non sai cosa ti perdi. –
– Non ti dispiacere, so come consolarmi. –
Sottolineò quell’ultima frase con uno sguardo eloquente e con un pizzicotto sul sedere di Adriano.
– Mmmm, sodo quanto basta, promette bene. Già lo saprai immagino, ma le donne amano un bel culetto, e io in particolare lo so apprezzare come merita. –
– Beh, anch’io veramente… –
– Non occorre che tu lo dica, si sa cosa desiderate vuoi uomini: sbavate per quello che chiamate “il lato B”. Le tette vi eccitano, ma il culo vi fa andare fuori di testa, forse perché le vostre mogli a letto invariabilmente ve lo negano, per poi magari concedere la loro pesca rosa al primo appuntamento con l’amante. –
Touchè. –
Dopo quell’ammissione, Adriano continuò a fissarla con sguardo malizioso. Una domanda inespressa fluttuava nell’aria, ma Barbara non era tipo da lasciare le cose in sospeso e volle diradare subito ogni dubbio. Lo aveva già detto in quel bar, lei amava parlar chiaro.
– Non preoccuparti bello, avrai modo di conoscere a fondo tutto il mio corpo, entrerai dappertutto. Ecco, ti piace la mia bocca, le mie labbra? E guarda la mia lingua come freme, lei non aspetta altri che te, e io so come usarla al meglio. Ti sta bene? –
– Nessuna obiezione Vostro Onore, lei mi invita a nozze. –
– Nozze hai detto? In un certo senso… potrebbe essere. Ora fammi tornare in cucina. –
Con quei discorsi audaci ed espliciti un adolescente se ne sarebbe venuto nelle mutande già un paio di volte, ma Adriano aveva dalla sua una certa pratica che gli consentiva di mantenersi eccitato senza perdere il controllo. Sapeva di essere un amatore sapiente e instancabile, paziente nella preparazione e focoso nell’assalto finale, anzi, negli assalti. Ogni sillaba che usciva dalla bocca di lei lo caricava come una molla, accumulava l’energia che avrebbe consumato nello svolgimento del delizioso compito di soddisfarla come nessun uomo aveva fatto prima. Guardò il suo calice e ripensò alle parole che Barbara aveva pronunciato al bar, al suo avvertimento “Dopo questa volta noi non ci vedremo più”. Sorrise; come al solito non era il caso di dare credito alle parole di una donna; come al solito lui, alla fine, avrebbe dovuto mostrarsi sgarbato per troncare una relazione asfissiante.
Decise di non pensarci più; quello non era ancora il tempo delle scene mute, dei telefoni che squillano a vuoto, degli addii o, capita, degli insulti; bisogna cogliere al volo ogni occasione, e la sua era la regina delle occasioni; tra l’altro, il profumo che si spandeva dalla cucina non era niente male, proprio niente male; tutto stava procedendo per il meglio.
– A tavola! –

Segue…