Crazy horse

Calvin e Hobbes - 01

Parliamo di cabaret? No; Il famosissimo locale parigino non c’entra nulla.
Allora si tratta di storia dei nativi americani? Nemmeno; lasciamo riposare in pace il mitico guerriero sioux.
Crazy horse significa cavallo pazzo, e il titolo è in inglese non per caso, ma perché ci sono ricascati.

Un po’ di tempo fa espressi su questo blog le mie riserve, qualcuno potrebbe lecitamente definirli preconcetti, nei riguardi degli alimenti made in UK. L’articolo si intitola “Coprofagi”, un termine che non lascia adito a molti dubbi sulla mia opinione al riguardo.
Pur riguardando il tema abbastanza controverso della data di scadenza sulle confezioni, in quell’articolo non mancai di ricordare al lettore che la terra d’Albione è stata la culla dell’encefalopatia spongiforme bovina, più nota col nome di “morbo della mucca pazza”.
E’ stato dimostrato che a scatenare l’infezione fu l’utilizzo di farine animali per l’alimentazione dei bovini, una mera scelta economica che trasformò le mucche da erbivore a cannibali. Gli effetti esiziali di quella pratica sciagurata si riversarono anche sugli umani che si nutrirono della carne delle mucche infette.
Già nota dal 1986, sia per gli effetti che per le cause, questa infezione flagellò impunemente gli allevamenti inglesi per un decennio, ma durante tutto quel tempo a nessuno venne in mente di cambiare un regime alimentare innaturale, giacché era molto conveniente.
Fu solo quando venne trovata una correlazione tra la malattia di Creutzfeldt-Jacob e il morbo della mucca pazza che finalmente si decise di vietare l’uso di farine animali da scarti di macelleria. Infatti questa malattia è tipica dell’età avanzata dell’uomo (un caso su un milione), ma in Inghilterra cominciarono a esserne colpite anche persone giovani; finalmente qualcuno fece due più due e, tra le inevitabili polemiche e resistenze del settore agroalimentare, dichiarò che l’infezione umana dipendeva anche dall’infezione bovina.
Nel 2012 l’Unione Europea ha annacquato il divieto, permettendo l’uso di proteine animali da scarti di macelleria per l’alimentazione di suini, pollame e pesci.

Anche evitando di pensare alla carne bovina e suina importata dall’America, dove non esistono le particolari restrizioni europee, non posso che essere pessimista in quanto niente mi vieta di pensare che maiali o polli nutriti con la farina ricavata da vecchie mucche infette sviluppino una loro variante di encefalopatia spongiforme. Va detto inoltre che lo sterco di pollame lì viene utilizzato, dopo una fermentazione e lavorazione, come additivo per l’alimentazione bovina, e con questo il cerchio si chiude.
Com’è già successo per i felini domestici, alcuni cervidi e ungulati, e le mosche (sì anche le larve delle mosche che si nutrono di tessuti infetti possono contrarre l’infezione e trasmetterla agli insettivori), è probabile che prima o poi l’infezione trovi la strada, qualsiasi strada, anche un bicchiere di latte, un uovo, un gelato, un sapone, per arrivare ai reali responsabili di questa rovinosa scelta, ovvero noi.

Detto ciò, passiamo dai bovini agli equini, ma restiamo nel Regno di Sua Maestà Britannica.

La scorsa settimana in Inghilterra è esploso il (prevedibilissimo) scandalo della carne di cavallo mescolata alla carne di manzo negli hamburger e in altri prodotti simili. A rimanere invischiata è stata una grande azienda di prodotti surgelati: la Findus. Anche nei tortellini e nei ravioli Buitoni (gruppo Nestlè) è stata rilevata la presenza di carne di cavallo.
Sono stupefatto. Avendo patito la sventura di assaggiare quei tortellini, avevo sempre pensato che al loro interno ci fosse di tutto tranne che carne.
Mi direte che tutti i gusti sono gusti, e che magari io sono un po’ prevenuto nei confronti dei prodotti preconfezionati e surgelati. Mi spiace deludervi, nei confronti di tali cibi io non sono un po’ prevenuto, bensì radicalmente prevenuto.
A casa mia, sopra il frigorifero, ho un piccolo congelatore da poco più di 40 litri, usato unicamente per tenere i refrigeranti della borsa termica e, in estate, per riporre un gelato destinato al dopocena. Stop. Anche se mi perquisite la casa dalla cantina al tetto, non troverete un prodotto surgelato che sia uno.

Va bene, lo ammetto, a volte esagero, divento integralista e presuntuoso. Chiedo venia.
Torniamo al nostro problema: la carne di cavallo infilata di soppiatto in un alimento nel quale doveva esserci solamente carne bovina.

Nel Regno Unito, cedendo alle pressioni di queste grandi multinazionali dell’alimentazione, stanno cercando di far passare il tutto come se fosse stata una svista, una frode, sì ma una frode minore; forse sarebbe bastato segnalare in etichetta “il prodotto può contenere tracce di carne di cavallo” per passarla liscia; tentano di levarsi dall’imbarazzo affermando che, tutto sommato, sempre di carne si tratta, e che perciò il prodotto non è pericoloso per il consumatore.

Emerite balle.

Chi va a fare la spesa sa benissimo che la carne di cavallo è generalmente più costosa della carne di manzo, e allora non si capisce il motivo di tale frode, sarebbe autolesionista. Ma se si ipotizza che gli animali siano sfuggiti al controlli veterinari, che provengano da allevamenti abusivi, che siano di provenienza ignota, o che non siano stati, all’origine, animali destinati all’alimentazione umana, come per esempio i cavalli da corsa, allora è lecito essere sospettosi e prudenti.
I cavalli malati, i cavalli imbottiti di steroidi e medicinali, i cavalli morti di vecchiaia, i cavalli malformati alla nascita, tutti gli animali dei quali bisogna disfarsi,  come farlo senza pagare i costi di smaltimento delle carcasse? E già che ci siamo, perché non guadagnarci anche un po’ su, con la complicità delle aziende alimentari?
Quando si dice il caso: nella carne di tre cavalli macellati in Gran Bretagna (sì, sempre lì) sono state rilevate tracce di phenylbutazone, un farmaco veterinario pericolosissimo per l’uomo. Stavolta hanno intercettato questi tre casi perché era scoppiato lo scandalo, ma chissà quante di queste bombe chimiche sono già finite nei surgelati e nei loro (e spero non vostri) piatti?
Il Primo Ministro inglese, Daniel Cameron, ha voluto tranquillizzare i suoi elettori mangiando in pubblico un pasticcio di carne. A parte il fatto che la mossa è tutt’altro che originale, sarebbe stato più onesto e credibile se fosse andato a comprarsi un hamburger surgelato in un hard discount, oppure se fosse andato a farsi un panino in uno dei tanti fast food di Londra. Si vede che i boccaloni non sono una nostra prerogativa nazionale.

Così, dopo la mucca pazza, presto avremo anche il cavallo pazzo, me ritengo che entrambe le definizioni non siano corrette, perché di pazzo, ma veramente pazzo, qua ce n’è uno solo: l’uomo, una gran testa di pazzo.
Allora, se tanto mi dà tanto, se per gli inglesi una carne vale l’altra, se alla fine per loro è solamente un problema di etichettatura, aspettiamoci altre pazzie, e chissà che prima o poi non si trovi negli hamburger anche del DNA umano.

Il Soylent Verde è alle porte…

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