Formiche e cicale

 

 .

La formica morì.

Non si sa come fu; semplicemente accadde, com’è nella natura delle cose.

Terminata appunto la sua esistenza naturale, la formica ebbe finalmente accesso all’essenza soprannaturale, e si ritrovò al cospetto di Dio.

– TU SEI LA FORMICA. –

– È vero, mio unico Dio. –

– COME TI SEI COMPORTATA IN VITA? BADA DI NON MENTIRE! –

Il minuscolo cervello dell’insetto non si scompose all’assurdità di quella domanda; Dio era onnisciente, e pertanto quell’interrogatorio le sarebbe dovuto sembrare superfluo; né tantomeno fu sfiorata dalla tentazione di mentire, un processo mentale troppo sofisticato per lei.

– Io mi sono comportata come si deve, rettamente, con virtù e operosità. –

– SÌ? –

– Sì. Ho sempre lavorato per il benessere della colonia. –

– BENE. –

– Ho fedelmente osservato le sue leggi, quelle stabilite dall’unico Dio. –

– BENISSIMO. –

– Ho scavato gallerie, ho raccolto il cibo per la nostra regina, ho protetto le nostre uova, ho nutrito le nostre larve. –

– OTTIMO, E POI? –

– Ho difeso la colonia, contro tutti i nemici, distruggendoli senza pietà. –

– AH. –

– Ho lavorato affinché la colonia crescesse, ogni giorno di più, per la nostra potenza e per la gloria di Dio. –

– ECCO… –

– Perché la nostra colonia è predestinata a coprire tutto il mondo, come detta la legge di Dio. –

– PUÒ BASTARE. BRAVA, TI SEI COMPORTATA BENE. ENTRA DUNQUE, SARAI PER SEMPRE UNA FORMICA DEL PARADISO. –

– Grazie, mio unico Dio. È per questo che ho vissuto sempre con rettitudine, perciò penso di essermi meritata il Paradiso. –

– È GIUSTO. –

Pausa

La cicala morì.

Si sa benissimo come fu; era un plumbeo giorno di ottobre, e soffiava un gran vento che portava con sé violente e gelide gocce di pioggia; Alla cicala dapprima le si spezzarono le ali, poi una brusca raffica la strappò dalla corteccia dell’albero dove aveva cercato rifugio e la fece ruzzolare fin dentro una pozza d’acqua fangosa, dove annegò.

Anche per lei venne il momento di presentarsi dinnanzi a Dio per essere giudicata.

– TU SEI LA CICALA. –

– Sì. –

COME TI SEI COMPORTATA IN VITA?

– Ah, perché adesso sono morta? –

– LO SEI. –

– Che peccato… –

– ALLORA DIMMI, COME HAI CONDOTTO LA TUA VITA, BENE? –

– Non saprei, non sono sicura. –

– RACCONTA, E NON TRALASCIARE NULLA. GIUDICHERÒ IO. –

– Beh, non ho combinato un granché. –

– SENTIAMO. –

– Ho vissuto per anni sottoterra, nutrendomi di quel poco che trovavo. Però sempre al riparo, dal maltempo e dai nemici. –

– ANCHE TU DOVEVI DIFENDERE IL TERRITORIO? –

– No, no, per carità. Appena sentivo una vibrazione mi facevo piccola piccola, restavo zitta e ferma sperando che non fosse una talpa. –

– NON POTEVI PREGARE CHE IO TI SALVASSI? –

– E chi sapeva niente allora. Ero sola, al buio, sempre in cerca di cibo. –

– MA POI SEI USCITA… –

– Sì, ma non so perché. Forse mi ero stufata di quella vita, sentivo, speravo, che ci fosse dell’altro. –

– VAI AVANTI. –

– Fu una sorpresa. Quelle forme, quei colori, quei suoni, e tutta quella luce, sempre diversa in ogni attimo della vita. –

– BE’, MODESTAMENTE… –

– Ma la sorpresa maggiore doveva ancora arrivare, quando mi accorsi di possedere delle ali. –

– BELLE VERO? –

– Passarono la mosca, la farfalla, il moscerino, la zanzara, e mi derisero per la mia forma tozza. Mi dissero che non mi sarebbero servite a niente, che così grassa non avrei mai volato. –

– IN EFFETTI È DIFFICILE DA CREDERE… –

– Allora ho pensato che, avendo le ali, almeno un tentativo dovevo farlo. Forse sarei caduta, giù, nella polvere, tra la derisione generale, ma non avrei avuto rimpianti. –

– HAI VOLATO? –

– Ho volato. Ho ammirato il mondo dall’alto, e ho visto i prati punteggiati di fiori, i riflessi d’argento dell’acqua che scorre, la neve che scivola via dal pioppo, gli scoiattoli far festa sugli olmi, le ciliege diventare mature, i balestrucci sotto alle tegole, i pennacchi delle canne, e mille meraviglie, e ancora… – 

– MI PAR DI CAPIRE CHE TE LA SEI SPASSATA. –

– … quando vedevo un ulivo andavo in cerca di una fessura sulla corteccia, e se ne usciva la linfa allora cantavo di gioia per quella prelibatezza. Avrei voluto un’altra cicala accanto a me, ma il più delle volte arrivavano la mosca, la farfalla, il moscerino e la zanzara, tutti quelli che il mio frinire aveva attirato. Allora non mi canzonavano più per il mio aspetto, e io lasciavo fare, tanto, di linfa, ce n’era in abbondanza. –

– E POI? –

– Io non pensavo al domani, non nascondevo scorte, gioivo e godevo come se l’inverno non dovesse mai arrivare. E invece, puntuale, è arrivato. Ero proprio una stolta… –

– È VERO. –

– Allora, posso entrare in Paradiso? –

– NO, NON PUOI. –

– Quanto mi dispiace. Ma dove… –

– TU, MIA CICALA, MI HAI RESO FIERO DEL CREATO, HAI DATO UN SENSO ALLE COSE, L’UNICO SENSO POSSIBILE, QUELLO DI GODERNE. A CHE GIOVA TUTTO UN UNIVERSO PIENO DI MERAVIGLIE E MISTERI SE QUESTO VIENE SEMPLICEMENTE “USATO”? –

– Non capisco. –

– CANTARE LE MIE LODI SENZA AVERE IL CORAGGIO DI GUARDARMI IN FACCIA È COSA DA SERVI. TU INVECE, ANCHE SENZA CONOSCERMI, NON HAI MAI SMESSO DI RINGRAZIARE PER CIÒ CHE TI VENIVA OFFERTO, ANCHE QUANDO DI RINGRAZIAMENTI NON VE N’ERA BISOGNO, PERCHÉ GIAMMAI UN PADRE LI PRETENDEREBBE DAI FIGLI. –

– E allora, io dove andrò? –

– TORNERAI SULLA TERRA, E CANTERAI DELLA GIOIA E DEL DOLORE, DELLA SPERANZA E DELLA RASSEGNAZIONE, DI CIÒ CHE È, E DI CIÒ CHE PROVI. CERCA DI NON TIRARTI INDIETRO, MAI. DI TAFANI FASTIDIOSI NON NE MANCHERANNO, E FARANNO DI TUTTO PER SCORAGGIARTI.
ORA TI LASCIO ANDARE. LA PROSSIMA VOLTA CHE CI VEDREMO, TI CHIEDERÒ CONTO DI CIÒ CHE AVRAI DATO AL MONDO, NON IMPORTA SE SOFFERTO O D’IMPULSO, BADA SOLAMENTE CHE SIA BELLO.
A PRESTO, BEH, NON TANTO PRESTO. –

Già. Fu proprio così che la cicala morì; e sulla Terra un poeta nacque.

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11 risposte a "Formiche e cicale"

    • Le formicale esisisterebbero pure, sono le formiche maschio, con le ali. Non lavorano, non scavano, non combattono, stanno lì ad aspettare il giorno nel quale, finalmente, potranno impalmare la regina. Poi, quando quel momento arriva, si alzano tutte in volo, cercano la regina, le ronzano intorno, la tentano, la pressano, la concupiscono. Finito l’atto (chiamalo riproduttivo, chiamalo sessuale) le formicale si radunano dove possano avere per l’ultima volta una visione del mondo, e lì muoiono.
      Dio ha pensato per loro una zona riservata del Paradiso, con palo della lap dance, e riviste specializzate (Playform, Regine in calore, Formicona Coscialunga, il fornicaio, ecc.)

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  1. Bella la fiaba,fino a qualche tempo fa ,anche io a raccontare su formica e cicala. Mi devo purtroppo ricredere;tante cose sono cambiate. Sebbene leve antiche cercano di scoperchiare moniti,nessuno ci crede più. Ormai,ci siamo giocati quelle possibilità che ci facevano vedere oltre la fine o quantomeno,per poco,al di qua delle fine. Il buon Dio non si è ancora accorto(sarà perchè vecchio)della differenza fisica tra la cicala e la formica,continua a far confusione ed esercita solo: per tangente o raccomandazione. Speravo di cuore che non fosse così,ma invano. Pensa a me come formica mi ha rimandato sulla terra e l’altra la cicala l’ha tenuta,con qualche ritocco o lifting,per suo sollazzo personale(graziolsimil) anzi, ha allestito un palazzetto per farfalle e cicale con la scritta Ariston.Ora che pensavo di non lavorare più..!! Invece mi ha prolungato la vita(per maniera di dire) ,ma, solo per andare a scavare, e, se, per caso, mi volessi godere in una nicchiamaca un pò di sole, senza far niente, rischio che mi scavano un tunnel sotto il culo, senza neanche accorgermene,Per fortuna o sfortuna, non passeranno più in 500 a tentare schiacciarmi. Tutti smarriti insetti cercano altrove dove essere laboriosi rinunciando a sitting e girotondi.
    Ma pensa, da buona formica, con le responsabilità da formicaio, ho fatto buona guardia, senza fare quelle passeggiate che desideravo, risparmiando ho comprato altre gallerie ed altri alloggi,(non li ho rubati vicino al Colosseo !!),anche quell’affare oggi si rivela stolto,(oltre ad aprire contenziosi con formicau(razza brasiliana)vicina di galleria), il padrone del monte, mi dice che devo pagare lui che a sua volta deve pagare il buon dio che a sua volta deve pagare quelle cicale dell’Ariston.Una volta si cantavano le lodi,oggi non si può più,manca fisicamente la coscienza. Bisogna cambiare,anche le tavole dei 10, ed eleggere un’altro dio tutto nuovo .A volte,però,intravedo lumicino,intravedo la speranza,amo quella speranza per poterla lodare,allora,da formica immagino di diventare struzzo,non per tanto,perché pollaccio,ma perché possa mettere la testa sotto sabbia e pensare ancora,sognare ancora di regalare almeno alla madonna quanto rimane a me d’esser poeta.

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    • Veramente sarebbe una fiaba a metà, bella a metà.
      Ultimamente ci stanno dicendo che dobbiamo lavorare di più, produrre di più, crescere di più, perché solamente il lavoro ci renderà liberi (dallo spread).
      E per raggiungere il traguardo di un un grande formiPIL, dobbiamo avere la stessa visione (la narrazione), gli stessi obbiettivi (il benessere), un’azione congiunta e collaborativa (partiti, sindacati, albi professionali, ecc.), e un comune sentire (nazionalismo).
      Solamente se saremo formiche obbedienti si apriranno per noi le porte del Paradiso, ma solamente nell’aldilà, è ovvio.
      Nell’aldiqua, chi non collabora, chi non partecipa, chi non si conforma, è una cicala, destinata al dileggio e all’autodistruzione. Chi è cicala è automaticamente fuori dai giochi, non partecipa alla grande abbuffata del formiPIL, non gode dei suoi minuscoli vantaggi (a misura di formica, è ovvio), ma godrà (si fa per dire) della visione di un impazzimento generale, assisterà alle guerre tra i formiPIL, soffrirà per la destrutturazione della dignità venduta per un piatto di lenticchie, urlerà ai sordi e mostrerà ai ciechi ciò che, per un malinteso, si sta perdendo per sempre. Per niente.

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